In data 5 giugno 2016 è entrata in vigore la Legge 20 maggio 2016 n. 76 ( G.U . 21.5.2016 S.G.. n. 118) riguardante la “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze“ (cosiddetta Legge Cirinnà).
Le convivenze di fatto, riguardanti sia coppie omosessuali che eterosessuali, sono regolate dall'art. 1, dai commi dal 36 al 65.
La convivenza di fatto è un istituto che riguarda sia coppie omosessuali che eterosessuali composte da persone maggiorenni, di cittadinanza sia italiana che straniera, residenti in Italia;
- unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile (i cittadini stranieri devono dimostrare l'assenza di tali vincoli producendo idonea documentazione, come indicato sotto al paragrafo “modalità di presentazione”).
- coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso Comune .
Il riconoscimento della convivenza di fatto avviene innanzitutto mediante l’accertamento di esser parte della stessa famiglia anagrafica, la coabitazione pertanto è un requisito inderogabile.
Diritti
I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario.
In caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza pubbliche, private o convenzionate, previste per i coniugi e i familiari.
Potere di rappresentanza
Ciascun convivente di fatto può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati:
a) in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute;
b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.
La designazione di cui sopra è effettuata in forma scritta e autografa oppure, in caso di impossibilità, con la presenza di un testimone.
Diritti inerenti la casa
In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni, comunque non oltre i cinque anni.
Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.
Il diritto di abitazione viene meno se il convivente superstite cessa di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.
Nel caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.
Diritti all’assegnazione della casa popolare
Nel caso in cui l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, di tale titolo o causa di preferenza possono godere, a parità di condizioni, i conviventi di fatto.
Impresa familiare
Si prevede che al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato.
Interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno
E’ esteso al convivente di fatto la possibilità di essere nominato tutore o curatore o amministratore di sostegno del convivente.
Risarcimento del danno
In caso di decesso del convivente di fatto derivante da fatto illecito di un terzo, al convivente superstite nell’individuazione del danno risarcibile si applicheranno gli stessi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite.
Il contratto di convivenza
I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza .
Il contratto , le sue modifiche e la sua risoluzione sono redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.
Copia dell’accordo sarà trasmesso all’ufficio anagrafe ai fini dell’opponibilità ai terzi.
Come indicato nella circolare del Ministero dell'Interno n. 78/2021, la registrazione del contratto di convivenza è “l'ultimo di una serie imprescindibile di atti, così riassumibili: un legame affettivo di coppia (requisito); la costituzione della convivenza di fatto attraverso la dichiarazione registrata all'anagrafe, e quindi la regolarità del soggiorno dei richiedenti (atto costitutivo); cui si aggiunge, eventualmente, il contratto di convivenza concluso davanti ad un legale e la registrazione di quest'ultimo, utile per l'opponibilità ai terzi.”
Il contratto di convivenza non costituisce la prova che due persone sono conviventi di fatto e quindi non può essere utilizzato per regolarizzare la posizione anagrafica; è la convivenza di fatto il presupposto per la sottoscrizione di un eventuale contratto e non viceversa.
Nel caso in cui uno dei due sia cittadino straniero (extracomunitario o comunitario) non iscritto in anagrafe, questo prima dovrà provvedere all'iscrizione in anagrafe (prima o contestualmente alla richiesta di costituzione di convivenza di fatto), producendo la documentazione prevista dalla legge (permesso di soggiorno o la documentazione prevista dal D.Lgs. n.30/2007), dichiarando di essere coabitanti e di voler costituire una convivenza di fatto (e quindi dovranno dichiarare anche lo stato libero e di non aver rapporti di parentela). Soltanto dopo potrà essere registrato in anagrafe il contratto di convivenza.
Contenuto del contratto
Il contratto può contenere:
- l’indicazione della residenza;
- le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo;
- il regime patrimoniale della comunione dei beni, di cui alla sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile, modificabile in qualunque momento in corso della convivenza.
Nullità del contratto di convivenza
Il contratto di convivenza è affetto da nullità insanabile che può esser fatta valere da chiunque vi abbia interesse:
-in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di altro contratto di convivenza;
-in mancanza di uno dei requisiti di cui al comma 36 (esempio: presenza di rapporti di parentela, affinità, adozione o assenza di un legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza morale o materiale);
-minore età di uno dei conviventi;
-interdizione di una delle parti;
-condanna di una delle parti per omicidio consumato o tentato del coniuge dell’altra parte
Risoluzione del contratto di convivenza
Il contratto di convivenza si risolve per:
-accordo delle parti;
-recesso unilaterale;
-matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona;
-morte di uno dei contraenti.
La risoluzione per accordo delle parti o per recesso unilaterale deve essere redatta nelle forme dell’ atto pubblico o con firma autenticata da notaio o avvocato.
Il diritto agli alimenti
In caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro convivente gli alimenti qualora versi in stato di bisogno o non sia in grado di mantenere al proprio mantenimento. In tali casi, gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi dell’art. 438 secondo comma del c.c.” (in proporzione dei bisogni di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli. Non devono tuttavia superare quanto sia necessario per la vita dell’alimentando, avuto però riguardo alla sua posizione sociale.
Il giudice può obbligare l’ex convivente a corrispondere gli alimenti solo nel caso in cui tutte le altre categorie previste dall’art. 433 cc. non siano in grado di farlo.
In base all’articolo citato i conviventi si situano al penultimo posto, prima dei fratelli.